Dove: Palude di Onara
Quando: 27 novembre 2020
Come chi mi segue magari ha già capito o sentito, se la mia specie "simbolo" si è rivelata il migliarino di palude, il mio luogo "simbolo", la zona di comfort, la destinazione preferita per il ricaricamento delle "pile", è in qualche modo "affine". Si tratta infatti di una palude, a pochi chilometri da casa, ma che si rivela sempre ricca di emozioni e di sensazioni positive.
Tra autunno e inizio inverno, peraltro i periodi che trovo maggiormente affascinanti, anche se "gelidi", si aggiunge una complicazione, dovuta alla pratica venatoria, che costringe, per fruire completamente delle doti ristoratrici della Natura, a scegliere i giorni scevri da tale attività, che paradossalmente per un amante della Natura sono più difficilmente praticabili, a meno che la propria attività quotidiana non permetta di prendersi un martedì o un venerdì liberi. Nel mio caso, cascasse il mondo, faccio in modo che sia possibile...
Del piccolo gioiello dell'alta padovana ne ho già dato alcuni scorci su queste pagine, in particolare il mio primo incontro l'ho raccontato qui, risalente a poco più di due anni fa. E' stato un incontro folgorante, pur non presentando il luogo la sconfinata esoticità di un Pantanal o la brillante varietà di suoni e colori di una foresta tropicale della Nuova Guinea, o la consistente popolazione di specie delle Foci del Po o della Laguna di Venezia. Questo perché, nel piccolo dei suoi 133 ettari, di cui una trentina facenti parte del Parco della Palude e i restanti come aree limitrofe, a monte e a valle del Parco (le prime corrispondenti alle risorgive, le seconde al corso del fiume di risorgiva Tergola prima del suo incontro con le zone urbane di Sant'Anna Morosina), è un dei pochi relitti planiziali di aree umide paludose di risorgiva, incastrato nel mezzo di una zona densamente popolata, e spesso oggetto di mire generalmente poco compatibili con la sua natura di area protetta e di interesse comunitario.
Non per questo, manca l'attenzione dei cittadini nei confronti di questo angolo di Eden, purtroppo per motivi burocratici e dintorni non si sta curando come meriterebbe, e i frutti si vedono, principalmente all'interno del Parco, dove le passerelle di legno mostrano inesorabilmente i segni del tempo, nonostante gli sforzi di chi si prodiga da anni per la sua salvaguardia, ma anche meno visibilmente nell'equilibrio chimico, biologico e zoologico dei suoi ambienti. Il Tergola infatti, sembra ricevere sempre meno afflusso acqueo dalla falda sottostante, e anche la qualità delle sue acque ha subito negli anni vari duri colpi. A fatica quindi la flora e la fauna, sia acquatiche che non, si aggrappano ad ogni elemento per mantenere viva una biodiversità importantissima.
Sveglia dunque presto, non troppo visto il coprifuoco notturno, quindi niente appostamenti nel buio della notte in attesa delle prime luci dell'aurora. Anzi, il meteo ovviamente prevede cielo discretamente coperto e nebbia a go-go, il che fino a due giorni prima era ben lungi dagli incubi più reconditi. Vabbè, ormai era deciso, quindi veloce colazione (una fetta di panettone che sennò si secca) e via, mezzoretta di macchina. "Oggi si prova un accesso diverso" è il tema del giorno. Si perché, essendo il Parco ancora chiuso, si deve per forza accedere dalla parte sud, ma tre sono i possibili accessi, di cui due facenti parte dello stesso "anello". Quindi invece che la solita direzione nord-sud sto giro si arriva da est verso ovest, per ritrovarsi comunque nel punto in cui parcheggio usualmente.
Lungo la strada non c'è un filo di nebbia (previsioni farlocche?) ma appena ci si avvicina a Onara ecco che una leggera foschia aleggia nell'aria ...
.. e si addensa man mano che mi inoltro lungo via Galvanelle. L'alba si avvicina, quindi c'è già luce per poter spegnere i fari ed evitare magari di abbronzare qualche airone. Ovviamente tutto prettamente inutile, non c'è un ardeide che tenga. Parcheggio, stivali all'inguine, treppiede con gimbal, e mi avvio verso una zona di recente bonificata da sterpi e arbusti, che offre finalmente una visione ampia sul canneto che raccoglie le acque in uscita dalla piscicoltura prima di riversarle nel Tergola). E' freddino, abbastanza ...
Ma la strada, costellata di buche piene d'acqua, ancora non ha ghiacciato. L'impressione però è che la temperatura sia scesa sotto lo zero nelle ore precedenti, infatti al ritorno verso mezzogiorno le buche sono tutte ghiacciate.
Circa una trentina di Gazze (Pica pica) in fila ordinata passano sopra di me verso i campi a nord, ma è ancora troppo buio per fare una foto decente. Una ne viene fuori passabile.
Inizia ad albeggiare, e passano una cinquantina di Gabbiani comuni (Chroicocephalus ridibundus) e il primo Airone cenerino (Ardea cinerea), che sarà pressapoco l'ultimo, o forse saranno due diversi, solo il DNA potrebbe dirlo.
Airone cenerino (Ardea cinerea) con la luce dell'alba
Gabbiani comuni (Chroicocephalus ridibundus) in stormo
Il Sole basso genera una luce spettacolare, unita al vapore acqueo che "galleggia" e ondeggia nell'aria ti trasporta fuori dal tempo, e ignori l'umidità che ti penetra i 4 strati di cui sapientemente ti sei dotato. Non c'è molta vita, anche se si iniziano a sentire i primi canti, Luì piccolo (Phylloscopus collybita), dal canneto alcuni Usignoli di fiume (Cettia cetti), l'immancabile Pettirosso (Erithacus rubecula), Gallinelle d'acqua (Gallinula chloropus). Solo il Luì si fa vedere abbastanza, ma il folto dei pochi alberi caduchi non ancora denudati lo rende poco più che un'ombra.
Luì piccolo (Phylloscopus collybita)
Non c'è dubbio che sia la sottospecie nominale del Phylloscopus che in questa stagione abita le nostre zone, il verso, un "luì" ascendente sulla i non lascia spazio ad interpretazioni.
Finalmente il Sole abbandona le silhouette lontane degli alberi e colora tutto di rosso prima e giallo dorato poi.
Romantico il passaggio in volo di un Airone bianco maggiore (Casmerodius albus)
Non ho capito se sono macchie solari quelle che si vedono, sporcizia sul sensore (?) o un passaggio di qualche uccello...
Non mi è riuscito di indentificare il volatile ma va bene lo stesso.
Un "cra-cra" e le Cornacchie (Cornacchia grigia, Corvus cornix) augurano il buon giorno. Anche dei Gabbiani reali (Larus michahellis) e degli Aironi guardabuoi (Bubulcus ibis), in piccoli ma ripetuti gruppetti, si spostano verso i campi prospicienti per alimentarsi dei vermi e insetti che si muovono sotto la bruma del freddo mattino di fine novembre.
Da noi rari fino a 20 anni fa e anche meno, di recente sia i gabbiani che i guardabuoi si sono acclimatati molto bene, i primi anche grazie alle notevoli risorse trofiche lasciate dall'uomo all'aria aperta, tra cave, scarichi abusivi, discariche, i secondi grazie sia alla loro adattabilità, sia al clima probabilmente favorevole, sia anche all'attività nei campi, da parte dell'uomo ma anche da parte dei bovini, che con il loro più o meno voluto "lavorare" la terra smuovono e portano in superficie molti esseri viventi succulenti e graditi ai Bubulcus. Non è raro quindi vedere anche diverse centinaia di individui insieme, finanche ai 2000 circa che qualche inverno fa hanno usufruito del résort del parco di una azienda nel vicentino.
Cornacchia grigia (Corvus cornix)
Cornacchia grigia (Corvus cornix) sembra volermi abbracciare
Aironi guardabuoi (Bubulcus ibis)
Finora le specie sono decisamente "comuni", nel senso che tipicamente si possono contattare con facilità e con una certa frequenza. Ma, come nella foto dell'alba di poco fa, di tanto in tanto (e con estremo piacere) fa capolino qualche presenza inedita per me, non necessariamente per il luogo. Però l'Airone bianco maggiore (Casmerodius albus) finora, nella decina abbondante di peregrinazioni in queste lande, non l'avevo ancora contattato. Due esemplari prima, controsole, mi avevano lasciato il dubbio, perché non sembravano essere dei cenerini, anche se la stazza era grossomodo nel range. Però un successivo "ritorno" indietro di un ABM mi ha fatto tranquillizzare. Certo, in volo a 30-40 metri forse anche più con cielo abbastanza lattiginoso è sempre un po' limitante, ma il fascino non ne risente più di tanto.
Il più grande degli Ardeidi europei, l'Airone bianco maggiore (Casmerodius albus) raggiunge i 180cm di apertura alare. Un signore del cielo, elegante, finché non lo vedi a caccia, lì perde tutta la sua compostezza...
L'alba e la bruma, l'acqua e la nebbia, elementi magici quando presi da soli e ancor più quando combinati in una qualsiasi sequenza, e chissenefrega se ti stai congelando anche le unghie...
Il corso del Tergola vira verso Sant'Anna Morosina
OK, è ora di dirigersi verso un'altra zona della palude, qui non ci sono prospettive di vedere qualcosa, uno dei residenti si mette a tagliare l'erba sull'argine col decespugliatore, ciao silenzio ciao aironi ciao anche a qualsiasi video documento del tappeto musicale avifaunistico...
Oplà, quello là è un Gheppio (Falco tinnunculus)? Si anche se non si vedrà molto, non gli va di stare a soli 80 metri da me. Swoooshh!!
Vorrei essere un Gheppio (Falco tinnunculus)...
Qui il gheppio è di casa, quasi quanto la Poiana (Buteo buteo), oggi solo sentita e ripresa da 150 metri, mentre controllava l'intensa attività di 40 gazze e 4 cornacchie in un campo non ancora arato.
Della Poiana ho fatto esperienza diverse volte di accesi battibecchi con cornacchie e gabbiani reali, a volte, questi, in coppia o anche più, più spesso da soli, per il controllo e la protezione del territorio, magari nelle vicinanze un nido o un giovane stava cercando di crescere in fretta per librarsi leggero nel cielo, ma oggi no, non mi aspettavo e non ho trovato particolare movimento, non è d'altronde un periodo di intensa attività per i rapaci, come lo è primavera ed estate, ma forse semplicemente non sono stato fortunato.
L'autunno ha già scaricato la maggior parte delle foglie dai rami, ma qualcosa ancora non vuole andar via, e regala sprazzi di colore in un panorama, a quest'ora del mattino, abbastanza "piatto".
Massì, ma quella non è mica una foglia. No, è la prima foto di Lucherino (Spinus spinus) che faccio, direi anche femmina, dall'assenza di cappuccio scuro e dal groppone striato anziché più uniformemente verdeoliva - giallastro.
Lucherino (Spinus spinus) o meglio Lucherina? ahahah... forse si offende!
Una presenza non così cospicua, ma che sfrutta la discreta disponibilità trofica offerta dalla piscicoltura è quella dei Marangoni minori (Microcarbo pygmaeus). Un paio di esemplari soltanto, mai ne ho visti di più, però si ripresentano ogni inverno, o almeno gli inverni che mi hanno visto da queste parti.
Anche il marangone minore è una specie in espansione, sia come nidificante che come svernante, in Veneto, così come il Cormorano (Phalacrocorax carbo), anche se qui l'ho visto molto raramente. Ricordo la prima volta che lo vidi qui, una coppia di immaturi, appollaiati su minuscoli ramoscelli, mi chiedevo come potessero sostenerli, mentre starnazzavano con la loro voce sgraziata, forse insultandosi l'un l'altro a un metro di distanza, o chissà cosa gli passava per la testa...
Facile distinguerlo dal Cormorano, per la sua corporatura più tozza, il becco corto senza giallo alla base, il suo collo corto (anche se non sempre ben visibile la differenza), e le ali che sembrano posizionate a metà della lunghezza complessiva, quando nel Cormorano sono più "posteriori". In volo poi il battito del Marangone minore è più frenetico del "cugino".
Per ragioni pratiche (sennò ci sarebbero 2000 foto con fondo grigio e ampi spazi vuoti...) ho unito due scatti del Marangone minore in volo controsole.
Proseguo dunque senza indugio (a parte il passo cauto, per non fare movimenti bruschi e rumori improvvisi), lungo la recinzione del canneto, nella parte orientale ricoperto da siepe arbustacea, e dunque non visibile. Prima del collegamento con le vasche però si apre una "finestra", così come nell'angolo opposto, descritto in precedenza, e mi trovo la seconda sorpresa di giornata (e invero la più gradita), di cui vi racconto a breve.
Il canneto in oggetto è una serpentina di un centinaio di metri di lunghezza per circa 50 di larghezza, costituito da 4 anse del canale di scolo, ricoperto da vegetazione igrofila tipica dell'ambiente palustre, e potenzialmente molto ricca di avifauna e non solo, il gracidare delle rane in primavera ne è un facile esempio. Purtroppo essendo all'interno della proprietà privata, anche se parte del sito Natura 2000, come un cartello evidenzia, è difficile riuscire a fare buone osservazioni (qui ho visto l'anno scorso la Marzaiola, Anas querquedula, per puro caso, o il primo degli Ibis sacri, Threskiornis aethiopicus, che poi ho trovato anche all'esterno dell'area recintata).
Come dicevo, il canneto mi riserva la seconda sopresa del giorno (la prima è il bianco maggiore). Infatti, un verso insolito ma "familiare" perché sentito in precedenza nei vari "studi" delle specie sull'Atlante fotografico e sonoro del Veneto, mi mette in allarme. Mi avvicino cautamente alla rete di recinzione, mi apposto mascherato alla bell'e meglio dietro dei rampicanti, e punto il binocolo. Eh si, caspita si, è un Porciglione quello! Urca! La specie è segnalata, ma di recente pochi pochissimi gli avvistamenti. Credo di non essere stato esattamente mimetico, o forse l'arrivo da lontano di due persone al lavoro tra le vasche hanno messo in deciso allarme i piccoli rallidi, che infatti in men che non si dica se ne vanno giù per la seconda ansa, al riparo da occhi indiscreti. Uno-due-cinque Porciglioni (Rallus aquaticus). A seguire due Gallinelle d'acqua, intimorite, li seguono, altre invece si allontanano verso il profondo delle foglie, al sicuro. Un altro porciglione corre via sull'acqua verso la salvezza (ma de che? che vi ho fatto? ?)
Il Sole è nella posizione più infelice, e le foto necessitano una botta di contrasto per tornare vive. Ma per essere la prima, visto che di solito va così
mi bacio le mani e mi do' una pacca sulle spalle da solo.
Porciglione (Rallus aquaticus)
Porciglione (Rallus aquaticus)
Porciglione (Rallus aquaticus)
Rapido e scattante mi fa impazzire per fargli una foto passabile...
L'altro individuo invece sceglie di rimanere nel ramo del canneto ma di correre via dall'altra parte
Una Gallinella d'acqua immatura (il becco è privo di rosso e giallo vistosi), Gallinula chloropus, segue a breve giro d'orologio i Porciglioni
Mezzora di attesa non porta a nulla, a parte qualche verso di contatto non ci sarà una seconda volta. Non qui almeno, e non oggi. Pazienza, emozione, soddisfazione e adrenalina hanno riscaldato gli animi gelati dal termometro implacabile, nonostante il sole.
Alzo gli occhi, e dietro al Mulino del Coppo, o meglio l'ex mulino perché di ruota non c'è più che il ricordo, un cenerino appollaiato sorveglia la situazione. Difficile sperare di avvicinarlo, dovrei camuffarmi e aspettare che lui, se e quando, si avvicini. Ma non è giornata, oggi mi sono dato solo fino a pranzo, e di fare notte non ne avrei la possibilità.
Oggi niente di simile all'altra mia sola visita per questo 2020 alla palude, complice decisamente il COVID-19, ma di cui parlai qui, però ha il suo perché anche il camino del mulino :DDDD
Tetto di coppi con Airone cenerino (Ardea cinerea)
Vista della sponda ovest dell'argine del Tergola, di fianco al mulino. Ci si arriva attraversando la passerella tra il mulino e la fattoria e scendendo poche decine di metri verso sud
Mi sposto quindi dall'altra parte del Tergola, dove uno dei pioppi è caduto sul sentiero e sopra il fiume. E' un albero imponente, che per scavalcarlo con cavalletto e macchina fotografica impone un minimo di attezione.
Il pioppo ci ha lasciati. E così anche la Gallinella (Gallinula chloropus) in fondo, che mi lascia e scappa via.
Un frusciare d'ali e una Ghiandaia (Garrulus glandarius) scende tra le gallinelle a beccolare qualcosa per terra, ma non era molto di suo gradimento, perché se ne va subito, lasciando i poveri rallidi a... continuare indisturbati.
Gallinella d'acqua (Gallinula chloropus)... fuor d'acqua!
Proseguo in direzione nord-ovest, verso il Parco, lungo il Tergola.
Enorme pioppo (Populus nigra), ormai punto di riferimento per me
Un vociare di Pettirossi (Erithacus rubecula), Usignoli di fiume (Cettia cetti, ancora non ho fatto una foto una, ma prima o poi la perseveranza paga), Passere scopaiole (Prunella modularis), Scriccioli (Trogoldytes troglodytes, anche loro oggi mi hanno preso in giro e zero foto, ma una è colpa mia), Merli (Turdus merula), l'onnipresente Picchio verde (Picus viridis) sghignazzante sull sfondo. Gazze (Pica pica) e Ghiandaie (Garrulus glandarius) decorano l'orchestra.
Pettirosso (Erithacus rubecula)
Scricciolo (Trogoldytes troglodytes) impertinente
Pettirosso (Erithacus rubecula)
E ancora... quel verso lì, che le guide riportano come kup-kup-kup, un grugnito simile al maiale (da cui il nome). Porciglione! Di nuovo? Anche qui? L'unico mimetismo sono i rami sospesi sul Tergola, dietro i quali si guarda bene di rimanere SEMPRE. Stavolta sembra essere da solo, con le onnipresenti Gallinelle già infrattate nel buio. Una buona mezzora tra attese, soprattutto che si "infilasse" in qualche varco che mi desse una buona visuale, e scatti ripetuti, spesso con brevi raffiche, già sapendo di moltiplicare il lavoro poi a casa.
Porciglione (Rallus aquaticus)
Gnam...
...gnam!
Sembra quasi un inchino...
Ad un certo punto si vede una sagoma a volo ondulato posarsi su un albero un po' più avanti. La contemporanea risata lo identifica subito come Picchio verde (Picus viridis) che, nonostante l'elevata altezza su cui è posato, non gradisce il mio passaggio e vola via. Ne ho sentiti almeno tre contemporaneamente, ma anche senza le foglie sono uccelli abbastanza timidi e difficili da vedere bene o da vicino. Però credo che sia la prima volta che lo fotografo qui.
Verde folletto del bosco
Pochi passi e uno sciame di Lucherini (Spinus spinus) sceglie di passare proprio sopra di me e di fermarsi ESATTAMENTE sull'albero che si erge sulla mia testa. La prospettiva è infelice, e il timore di muovermi mi costringe a scattare da lì, in piedi come un macaco. Solo uno dei 5 è visibile, gli altri sono dal lato "nascosto" del tronco. Uccellini dal verso non particolarmente potente, ma nel collettivo si fanno ben sentire. Ancora però faccio confusione tra i vari fringillidi e affini, per cui le foto o il binocolo sono ancora fondamentali.
Lucherino ♀ (Spinus spinus), i maschi non li ho individuati
Buono questo seme!
Anche un gatto fugge a distanza appena mi vede. Boh, devo essere particolarmente grosso, bruto e pericoloso!
L'ora si fa tarda, ed è giunto il momento di tornare indietro. Riattraverso la passerella traballante, e sullo stesso albero del mattino il Gheppio mi attende, solo per involarsi appena sono a distanza decente per una foto ambientata.
Mi consolo con un Gabbiano reale (Larus michahellis) che mi "fa la corte" volteggiando 2-3 volte sopra la verticale a quota bassa, e uno stormo di piccioni domestici (Columba livia domestica) in lontananza. La fattoria che dà sul Tergola ospita una colonia di svariate centinaia di piccioni.
Gheppio ♂ (Falco tinnunculus)
Piccioni domestici (Columba livia domestica)
Gabbiano reale (Larus michahellis). Si distingue dal gabbiano comune per le dimensioni maggiori, per il becco giallo con spot rosso, per l'occhio bordato di rosso.
Gabbiano reale
Riprendo l'auto, e il Gheppio si posa sul palo del telefono accanto. Mannaggia... faccio una mezza manovra per non dover scattare dal cristallo anteriore, che con la curvatura rende impossibile fotografare, e giustamente non mi da quasi il tempo per una UNA foto. Sull'albero invece si sente più a suo agio, e prima di tuffarsi nel campo a caccia di un nulla di fatto, mi concede un altro scatto. L'ultimo, per questa breve e intensa giornata in Palude.
Gheppio ♂ (Falco tinnunculus)
Il maschio del gheppio ha la testa e il sopracoda grigi, a differenza della femmina, che li ha marroni come il groppone (tranne in alcuni esemplari molto anziani, che assomigliano a quel punto molto al maschio adulto)
Sguardo deciso e "cattivo". Lo sto disturbando anche se a 45 metri.
Due foto del tuffo, invero non a fuoco, ma sottolineano la leggiadria e l'agilità di questo piccolo falco delle campagne.
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